Guido Melis: “Burocrazia, un ostacolo anche per il governo Draghi?”

Guido Melis: “Burocrazia, un ostacolo anche per il governo Draghi?”

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Intervista ad uno dei maggiori studiosi della pubblica amministrazione italiana

Una vita da professore universitario vissuta tra gli Atenei di Sassari, Siena e La Sapienza di Roma. E poi il tempo per scrivere un’infinità di libri, curare la collaborazione a numerose riviste di diritto e di storia delle istituzioni politiche e dell’amministrazione pubblica. Nel novembre scorso Guido Melis, classe 1949, sassarese doc, è andato in pensione. Conoscendo il suo attivismo, la sua frenetica curiosità per tutto quello che si scrive e si dice sulle materie che sono il suo pane quotidiano, Melis ha già cominciato a frugare tra le sue sudate carte ordinatamente accumulate nello studio-libreria di viale Italia dove mi riceve.

Gli faccio una battuta: “Finalmente in pensione. Diamoci da fare”. La pensa così vero professore?

Eh si, ho un padrone molto esigente che sono io. I miei ritmi di lavoro non cambieranno affatto”.

Comincia così l’incontro con Guido Melis per ricostruire a grandi linee il suo impegno di studio e il lavoro scientifico che ha svolto e svolge nel mondo universitario. A La Sapienza dal 1999 è stato professore ordinario di storia delle istituzioni politiche e dell’amministrazione pubblica nel corso di laurea in scienze archivistiche e bibliotecarie della pubblica amministrazione.

Una scuola per imparare a mettere in ordine le carte?

Per preparare gli studenti alla professione di archivisti che nella pubblica amministrazione sono indispensabili. Ora abbiamo aggiunto anche gli operatori, figure che si occupano della ricerca e della classificazione delle foto e delle immagini, queste ultime reperite in gran parte presso l’Istituto Luce che durante il fascismo aveva il compito di documentare tutti gli eventi del regime. Abbiamo recuperato tutte le foto di scarto dell’era fascista, cioè quelle non pubblicabili perché bloccate dalla censura o da altri motivi. Ne ho visto una meravigliosa di Amintore Fanfani. Il fotografo l’aveva scattata mentre nel tentativo di supplire alla sua statura, che gli impediva di vedere il palco durante una manifestazione, si era arrampicato su un pacco di giornali. Il fotografo fece il suo lavoro, ma la foto restò in studio. Ora l’abbiamo recuperata.

In questi anni ha frugato nella storia della disastrata pubblica amministrazione italiana dal 1861 ad oggi. Quanto ha influito in questa scelta la personalità di Sabino Cassese?

Moltissimo anche se mi occupavo di pubblica amministrazione già prima di conoscerlo. Questo per merito di Luigi Berlinguer, cugino di Enrico, che mi aveva segnalato a Roberto Ruffilli ( senatore poi ucciso dalle Brigate Rosse mentre lavorava alla modifica della riforma costituzionale). Ruffilli mi presentò a Sabino Cassese, giudice costituzionale e studioso della pubblica amministrazione. Quell’incontro è stato per me come un’illuminazione. Tra noi è nata una forte amicizia e un rapporto di collaborazione scientifica che ci lega tuttora.

Professore, suo padre, Giuseppe Melis Bassu, avvocato, studioso delle cause del banditismo sardo, fenomeno cui ha dedicato la sua ultima opera, “Il pane della giustizia”, edito nel 2018 da Il Mulino. Cosa ha rappresentato per lei?

Un grande esempio che mi ha accompagnato soprattutto nei momenti più delicati e difficili della mia vita. Quando ho dovuto assumere decisioni mi sono sempre chiesto: “Lui cosa farebbe?”. E’ sempre stato presente.

Parliamo dei suoi maestri

Sono stato “svezzato” da Luigi Berlinguer che mi ha insegnato l’arte del diritto. Lui era uno storico del diritto ma creò a Sassari quella che chiamava con autoironia “la scoletta”. C’erano anche Francesco Manconi, Antonello Mattone, Piero Sanna, Giuseppina Fois, Elisa Pilia e altri che magari non ricordo. Poi, vinto il concorso per la cattedra di Economia, l’ho raggiunto all’Università di Siena di cui era rettore.

Manlio Brigaglia, un uomo dalla cultura enciclopedica, cui era legato da profonda stima e amicizia

Un grande uomo. Pensi, era stato mio professore al Liceo Azuni come centinaia di sassaresi che lo hanno sempre ricordato, e molti ancora lo ricordano, con stima e affetto. Nel suo ricco bagaglio di ironia tante battute riguardavano proprio gli anni di insegnamento all’Azuni. Ne ricordo una: “Prendete tre sassaresi a caso, uno è stato alunno mio, uno di mia moglie, il terzo no. E si vede”. Insieme abbiamo fatto studi pionieristici sui partiti in Sardegna. La sua scomparsa è stata una perdita irreparabile sul piano umano e su quello culturale.

Torniamo a Sabino Cassese

Giudice emerito della Corte Costituzionale, è stato anche Ministro per la Funzione Pubblica del 50° Governo della Repubblica, presieduto da Carlo Azeglio Ciampi. E’ il maggiore esperto di pubblica amministrazione. Con lui ho un rapporto strettissimo. Collaboro alla rivista edita dall’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione che Cassese ha fondato nel 2004. Nella sezione “Letture e segnalibri” raccolgo materiali relativi a episodi, personalità e scritti di vario genere sulla storia dell’amministrazione dal 1861 ad oggi, con uno sguardo verso il futuro. Tante curiosità, alcune anche divertenti. Lavoro con leggerezza, insomma.

Nel 2008 è stato eletto alla Camera nelle file del Pd. Che esperienza è stata?

Innanzitutto curiosa per come è nata. Il partito mi aveva proposto la candidatura e l’avevo accettata ma poi, dopo aver saputo di essere stato collocato in lista al sesto o settimo posto (ora non ricordo), cioè al di fuori dei “sicuri”, avevo pensato di ritirarmi. Fu Luigi Berlinguer ad incoraggiarmi. Ho accettato il suo consiglio e così sono entrato in Parlamento. Ho fatto parte della commissione giustizia della Camera dove ho conosciuto Mara Carfagna, berlusconiana di ferro. Una sorpresa. Grande lavoratrice e studiosa. Aveva l’incarico di occuparsi di stalking, una delle materie previste dalla riforma della Giustizia. Ha fatto un lavoro egregio. Sono sicuro che farà bene anche nel governo Draghi.

Per quanto mi riguarda, mi sono occupato molto della situazione in cui versavano le carceri. Ho visitato molti istituti di pena d’Italia. Un’esperienza dolorosa ma costruttiva. Credo che tutti i parlamentari dovrebbero entrare in carcere. Naturalmente per conoscerne la realtà e i problemi. Per me è stata un’esperienza estremamente costruttiva, me la porto dentro.

Finito il mandato politico ho aderito all’Associazione radicale “Nessuno tocchi Caino” che si batte per l’abolizione della condanna a morte dei detenuti e ho rinnovato la tessera d’iscrizione anche per quest’anno.

Ritiene giusta l’azione di Renzi che ha affondato il governo Conte?

Si, giusta perché ha consentito di riportare il confronto tra partiti distanti e divisi da un muro di incomunicabilità e di favorire la coesione necessaria nelle situazioni di emergenza. L’Italia ha bisogno di tutte le sue forze per raggiungere gli obiettivi che gli richiede l’Ue in cambio di imponenti finanziamenti. Così come ci chiede una riforma dell’amministrazione e uno snellimento della burocrazia.

Ma che tipo di riforma dovremmo mettere in cantiere, con quali obiettivi finali, con quali tempi di realizzazione, contando su quali risorse? Ecco il punto cruciale che Draghi dovrà subito affrontare con una sorta di lotta contro il tempo. Se tutti i partiti che hanno aderito a questa insolita coalizione remeranno nella stessa direzione e non perderanno tempo in chiacchiere o polemiche l’Italia potrebbe farcela.

 


BIBLIOGRAFIA E PREMI LETTERARI

Dal 1973 al 2014 ha prodotto oltre 400 pubblicazioni, tra volumi, curatele di opere collettanee, saggi su riviste, voci in dizionari biografici e enciclopedie ecc.

Dirige dal 1994 la rivista scientifica, edita dal Mulino, “Le Carte e la Storia”.

Nel 1997, con il volume Storia dell’amministrazione italiana. 1861-1993 (Il Mulino, Bologna), ha vinto il Premio Acqui-saggistica storica e successivamente il Premio Sissco.

Nel 2020, col volume La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello Stato fascista (Il Mulino, Bologna), ha vinto i Premi Viareggio-saggistica, Acqui-saggistica, Sissco e il Premio Minturno-sezione storia.

Ha di recente pubblicato la versione aggiornata della Storia dell’amministrazione italiana (Il Mulino, Bologna, 2020) e La storia delle istituzioni. Una chiave di lettura (Roma, Carocci, 2020), una specie di bilancio personale ma non solo degli studi fatti nella sua disciplina.

Giornalista pubblicista dal 1977, ha fatto una lunga pratica da collaboratore fisso  all’Unione Sarda e alla Nuova Sardegna.

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One Reply to “Guido Melis: “Burocrazia, un ostacolo anche per il governo Draghi?””

  1. Un’ottima iniziativa. L’intervista e’pregevole perché riguarda l’amico Guido Melis , uno dei maggiori studiosi della pubblica amministrazione in Italia. Una persona molto severa nella ricerca e nelle opere pubblicate. Ciò che più mi dispiace è la mancata valorizzazione da parte della politica delle sue straordinarie competenze per migliorare la P. A. In Italia.

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