Ep. 21/24 Grauso costretto a vendere L’Unione Sarda. Il suo impero editoriale passa all’imprenditore Sergio Zuncheddu
Abbiamo lasciato Grauso subito dopo la sentenza del 2010 con cui i giudici di Palermo lo hanno assolto perché “il fatto non sussiste” dalle accuse di estorsione in relazione al pagamento del riscatto per la liberazione di Silvia Melis, sequestrata a Tortolì nel 1999, e di calunnia ai danni di alcuni giudici della Procura di Cagliari. Assoluzione piena, estesa al giudice Luigi Lombardini, suicida durante una pausa del suo interrogatorio in Procura da parte dei magistrati del pool del procuratore generale Giancarlo Caselli. Grauso aveva inseguito con forza e determinazione la strada della verità. Ma quando a Palermo arriva il verdetto a lui favorevole la sua soddisfazione è solo parziale. Giunge infatti dopo una serie di vicissitudini tra cui il crac della cartiera di Arbatax, società di cui era amministratore il direttore dell’Unione Sarda, Antonangelo Liori.
Troppe cose pasticciate hanno pesato sulla situazione debitoria del giornale portando il passivo a quasi 42 miliardi di lire. Grauso cerca di salvare il giornale. Prima trasferisce la testata, stimata in 39 miliardi e mezzo, alla società lussemburghese General Asset, insieme ad arredi per ufficio del valore di 12 milioni. Ad un’altra società, la General Press, cede due rotative e altre macchine per la stampa. L’obiettivo dell’editore era alleggerire il bilancio in profondo rosso e tenere il vero patrimonio del giornale al riparo da un eventuale fallimento. L’operazione non gli riuscì, anzi, gli fu fatale. La Procura della Repubblica, raccogliendo una denuncia, affidò la gestione del giornale ad alcuni commissari giudiziari. Il loro lavoro consentì di riportare la testata del giornale a Cagliari e costrinse Grauso a vendere L’Unione Sarda e le altre aziende del suo gruppo editoriale: Videolina, Radiolina e Tcs.
Tra i quattro partecipanti all’asta prevalse Sergio Zuncheddu, imprenditore immobiliare di Burcei. Nel mondo dell’editoria non era uno sconosciuto. Aveva già cercato di acquistare il giornale, ma Grauso gliel’aveva soffiato grazie ad alcuni alleati di peso tra cui la Spi, società per la pubblicità italiana. Non gli andò meglio il tentativo di far concorrenza a Videolina con Sardegna 1, che aveva rilevato da Paolo Ragazzo, titolare di alcune cliniche di Cagliari. Zuncheddu era ed è tutt’oggi ai vertici della ImmobiliareEuropea con sede a Milano. Non è il classico palazzinaro ma un imprenditore tosto, intelligente e capace, con solidi rapporti con il gruppo Auchan per il quale ha realizzato numerosi mega centri commerciali compresi quelli di Sassari e Cagliari. Oggi, anno 2020, sempre con Auchan e con l’appoggio di Uni Credit, sta realizzando nell’area nord di Milano un progetto di rilevanza europea: il Cinisello Hub, un complesso polifunzionale di ultima generazione destinato a diventare il nodo di interscambio per i due nuovi capolinea della Metropolitana lombarda. Per completare questa stringata biografia del riservatissimo editore dell’Unione, aggiungo che le opere pubbliche che il suo gruppo costruirà ammontano a 70 milioni mentre i costi del lavoro saranno di circa 10 milioni. Il centro direzionale avrà un’estensione di 34 mila ettari.
Sergio Zuncheddu, già editore e fondatore de Il Foglio, ha preso possesso dell’Unione Sarda il 2 ottobre del 1999, giorno in cui si è presentato alla redazione giornalistica per illustrare le sue idee per il rilancio del giornale affossato dalla direzione di Antonangelo Liori. Subito dopo aveva raggiunto viale Marconi, sede storica di Videolina, e si era presentato a tutto il personale, giornalisti, tecnici e impiegati. Era stato molto affabile, si era complimentato per la nostra professionalità e per il successo di Videolina, ormai tra le prime Tv private nazionali. Poi ci fece una domanda che in qualche modo ci spiazzò: avete un contratto integrativo? Ci guardammo in faccia stupiti e ovviamente rispondemmo di no. “Allora datevi da fare, buttate giù una bozza d’accordo. Quando sarete pronti ci reincontreremo”. A Videolina si tornava a sorridere. Certo né a Grauso, tanto meno al suo braccio destro, l’amministratore delegato Paolo Campana, era mai venuta in mente un’idea del genere. Per intenderci, l’integrativo avrebbe garantito a noi giornalisti una somma annuale extra contratto quale contributo per il rinnovo dell’abbigliamento e l’aggiornamento professionale. Un buon inizio, insomma.
Zuncheddu conosceva abbastanza la nostra televisione. Sapeva che erano urgenti alcuni investimenti nella bassa e nell’alta frequenza, voleva che si acquistasse una nuova regia mobile per le dirette e sognava, questo ci aveva confidato, di arrivare in tempi rapidi a quotare in Borsa il gruppo editoriale. Non andò così, e non per colpe specifiche di qualcuno. La crisi arrivò tra il 2007 e il 2008. A determinarla fu sostanzialmente il progetto di conversione della Tv da televisione analogica a televisione digitale. La Sardegna sarebbe partita presto. Era stata scelta come regione pilota per la sperimentazione del digitale. In viale Marconi si guardava con ottimismo all’iniziativa fortemente voluta dalla Commissione Europea nonostante si trattasse di un investimento impegnativo. Il digitale fu tutto tranne che un affare per Videolina. La mancanza di sintonizzazione dovuta all’introduzione dei decoder per vedere la TV ebbe l’effetto di disorientare il pubblico provocando un netto calo di telespettatori e un crollo del fatturato pubblicitario. Intere aree dell’isola erano diventate irraggiungibili dal segnale di Videolina che fino a poco tempo prima copriva l’intero ambito territoriale in modo capillare superiore persino alla Rai. Le prime preoccupazioni economiche indussero i responsabili di Videolina a disdire l’oneroso abbonamento annuo al satellite. Un errore fatale perché in questo modo tagliò fuori anche i telespettatori della penisola e della gran parte dei paesi europei e africani.
La crisi venne affrontata dall’azienda con una terapia dura, dolorosa, fatta di tagli ai costi, soprattutto a quelli del personale. E’ stato un periodo di lacrime e sangue che ho vissuto fino al 2012 ultimo anno prima del pensionamento. Poi, lentamente, so che è tornato il sereno anche se la stabilità della Tv dipende molto dall’andamento dell’Unione Sarda oggi non esente dalla crisi che ha investito il settore dei quotidiani. L’anno scorso i vertici dell’Unione hanno deciso di alleggerire ulteriormente i costi che gravano sul bilancio. Ma tagliato tutto quel che era possibile tagliare questa volta sono state sacrificate le persone, sei giornalisti capaci, quelli con lo stipendio più alto, sono stati mandati in pensione anticipatamente. Due pensionamenti anticipati anche a Videolina che si è privata di due delle figure storiche e più rappresentative dell’emittente, Andrea Frailis e Giacomo Serreli. Fortunatamente, più per Videolina che per gli interessati, hanno mantenuto un rapporto di collaborazione e ogni tanto curano anche delle trasmissioni. Mi viene in mente, a proposito dell’Unione Sarda, un taglio importante di giornalisti che aveva coinvolto anni prima il nucleo storico della redazione, tra cui alcune delle firme più prestigiose. Non sta a me esprimere giudizi su queste strategie. Ma vorrei solo ricordare quanto mi disse una volta un caro amico, giornalista molto più anziano di me, a proposito delle prime operazioni di dimagrimento delle redazioni avvenute in Italia: “Gli editori fanno il loro dovere per tenere in ordine i bilanci. Non dovrebbero però dimenticare che il giornale lo fanno i giornalisti. Perciò se ti privi di quelli bravi risparmierai sicuramente ma la qualità del prodotto-giornale ne risentirà così come il numero di copie vendute”. Sono perfettamente d’accordo con questa tesi.
In conclusione voglio tornare alla ripresa di Videolina che ha coinciso con una maggiore vivacità del mercato e il gradito ritorno dei contributi regionali per la realizzazione di programmi identitari. Ora, mi dicono, i conti sono in ordine, la concorrenza non crea problemi, sono stati fatti investimenti non più rinviabili su apparecchiature e impianti e il Tg resta la corazzata che da sempre sostiene Videolina e ne fa il maggiore attrattore di investitori in Sardegna.