Ep 17/24 Sebastiano Pani, l’uomo che ha inventato il futuro
Il commendatore Sebastiano Pani fa parte di quella ristretta cerchia di imprenditori che ha lasciato una traccia importante nella storia dell’economia isolana. C’è un titolo che Sassari Sera gli ha dedicato nel numero di luglio del 1991, in occasione del suo 85mo compleanno, che dice tutto delle sue qualità: “L’uomo che ha inventato il futuro”. Con un sommarietto che completava la descrizione: “Quel marziano di Cagliari calato a Sassari nel 1929”. Un imprenditore che era avanti nel tempo come idee e intuizioni imprenditoriali. Cominciò a quel tempo la sua carriera con pochi soldi e tanto coraggio. Comprò tre Fiat 303 e soppiantò le carrozze trainate da cavalli. Il Comune di Sassari gli concesse il servizio taxi che l’azienda di Pani garantiva 24 ore su 24.
“Sebastiano Pani – scriveva Sassari Sera – è stato il primo, nel 1952, a creare il servizio tramviario a Sassari. Il primo a far scoprire ai sassaresi il mare come pratica di vita e occasione di aggregazione culturale. E’ stato l’unico a operare a favore della società che cambia, senza il sostegno della politica, solo con le regole del profitto e con l’ardire del rischio imprenditoriale”. Il settore dei collegamenti stradali con i bus è stato il cuore della sua attività imprenditoriale. Quattro anni dopo l’istituzione del servizio tramviario cittadino il commendator Pani attiva un altro progetto: il collegamento con bus tra i capoluoghi di città dell’isola con fermate nei centri intermedi più importanti. Un servizio pubblico curato da una società privata, la “Granturismo Pani”. A lui lo storico Alessandro Ponzelletti, ha dedicato, per la collana “I grandi dell’imprenditoria in Sardegna”, edita da Carlo Delfino, un volume dal titolo “Il commendatore delle corriere sarde”. Ponzeletti ha trovato una felice definizione di Sebastiano Pani: “L’imprenditore che seppe fare del proprio cognome un sinonimo di “trasporto” in Sardegna, Pani Granturismo”.
L’imprenditore è stato anche editore del giornale del lunedì La Gazzetta Sarda uscita nel 1951 quindi proprio nel mezzo degli anni in cui la sua azienda stava sviluppando i primi importanti servizi su strada. Per qualche tempo il commendatore firmò come direttore la testata di sua proprietà, poi con il tempo gli subentrarono nell’ordine Angelo Mannoni e Rodolfo Mura. Il giornale aveva una tiratura di 11 mila copie e andava a coprire un giorno importante per lo sport, il lunedì, lasciato scoperto dalla Nuova Sardegna. In redazione c’erano alcune belle firme, come Antonio Delitala, Pino Careddu, il magistrato Ugo Pioletti, Franco Luigi Satta, che diventò poi avvocato, quindi giudice e presidente del Tribunale di Sassari. Di Franco Luigi Satta non ho mai mancato di ricordare il gesto clamoroso con cui lasciò la magistratura in reazione ad uno sgarbo subito dal Procuratore generale della Cassazione nel commento ad una sua sentenza del 1977 nel procedimento per il tentato sequestro, diventato omicidio, del commerciante di vini, Gianni Picciau, avvenuto nel 1967 a Cagliari.
Una protesta, quella di Franco Luigi Satta, tesa a far emergere l’ingiustizia commessa dal Procuratore nei confronti dell’estensore della sentenza d’appello (Franco Luigi Satta) e dell’ imputato (Giuseppe Lubinu, autista della Croce Rossa) condannato per il caso Picciau che aveva presentato ricorso contro la sentenza dalla Corte documentando la sua innocenza. Nell’atto prodotto dai difensori risultava infatti la certificazione anagrafica del bestiame del Comune di Ossi con la denuncia da parte del proprietario del furto di un bovino compiuto nella sua azienda nella stessa notte del delitto Picciau. Il che significava che se l’imputato nelle ore e nel giorno dell’uccisione del commerciante si trovava nelle campagne di Ossi, non poteva essere a Cagliari per compiere un sequestro di persona. Franco Luigi Satta, con un gesto che fece scalpore, si tolse la toga e tornò a fare l’avvocato non prima di avere replicato al Procuratore con una lettera dai toni molti duri.
Sebastiano Pani condivideva con l’allora sindaco di Sassari, Oreste Pieroni, grande fiducia nelle potenzialità turistiche del litorale di Platamona ricadente in gran parte nel territorio di Sorso. Individuò alla destra della rotonda centrale un’area che ben si prestava per un insediamento turistico rivolto soprattutto ad una clientela medio alta, individuabile nella borghesia sassarese. La parte principale era costituita da un edificio che ospitava il bar e affacciava sulla piscina mentre un po più avanti sulla spiaggia erano state costruite alcune file di cabine per i clienti che avessero bisogno di cambiarsi e lasciare gli oggetti personali. Già con queste soluzioni il Lido Iride, inaugurato nel 1956, era una struttura più che accogliente, l’unica nel deserto di strutture che regnava nella spiaggia dei sassaresi. Pani volle completarla con una ristorazione di livello. Aveva conosciuto in un locale di Via Veneto, a Roma, un barman che gli aveva fatto una buona impressione per educazione e professionalità. Lo chiamò e gli propose di prendere la gestione del ristorante. Quell’uomo era Fulvio Marini e fu la carta vincente del commendatore.
Ora il Lido Iride aveva anche un ottimo ristorante, mancava solo la musica con artisti di alto livello. In breve cominciarono le serate estive sulla pista da ballo all’aperto, con Claudio Villa, Nilla Pizzi, Teddy Reno, Perez Prado e la sua tromba, personaggi come Mike Bongiorno e il Mago Zurlì, i concorsi per le miss bellezza. Tutto andò bene fino a quando il Demanio non chiese al commendator Pani un adeguamento del canone di concessione per l’utilizzo dell’area occupata dal Lido Iride. Una richiesta particolarmente esosa a fronte di un numero di anni di gestione inferiori a quelli di cui aveva goduto fino ad allora. Nel 1987, dopo un lungo braccio di ferro, la decisione di mollare tutto e consegnare le chiavi al Demanio. Chiuse il Lido Iride e si concluse anche la collaborazione fra Pani e Marini. Quest’ultimo continuò a lavorare da solo, aprì un ristorante in piazza d’Italia, che per anni fu uno dei migliori della città, e poi realizzò alcune strutture alberghiere.
Oggi il Lido Iride è un ammasso di macerie, una visione oscena in un contesto ambientale tornato bello e con un mare splendido dopo la chiusura del petrolchimico di Porto Torres. Mesi fa un imprenditore l’ha acquistato all’asta fallimentare. Ha un progetto per farlo rinascere. Ci riuscirà?