Amarcord: Dalla Gazzetta Sarda alla Gazzetta del Giovedì, Manlio e Aldo Brigaglia insieme nelle redazioni dei due giornali
C’è stato un periodo, almeno fino al 1954, in cui La Nuova Sardegna non usciva il lunedì, rinunciava cioè al settimo numero quello in gran parte dedicato allo sport. Così un gruppo di giornalisti e non solo diedero vita alla Gazzetta Sarda, di cui sarebbe stato direttore responsabile Rodolfo Mura (sarà uno dei maestri del pubblicitario Gavino Sanna). Il capo del giornale veniva considerato Antonio Pioletti, sostituto Procuratore della Repubblica. Il numero due dello sport era Franco Luigi Satta che divenne poi magistrato e successivamente grande penalista. Alla “Gazzetta” c’era anche un altro magistrato, Donatello Sanna, morto qualche anno dopo da presidente della Corte d’Assise d’Appello di Sassari. E poi Pino Careddu, che aveva lasciato Il Democratico, giornale dei giovani turchi della Dc, Antonio Delitala e Rosario Cecaro, che andranno alla Nuova finita l’esperienza della Gazzetta, e Peppino Sanna (L’Unione Sarda).
Dopo un anno la Gazzetta cominciò a fare debiti e i fondatori (Gabriele Azzena, Rodolfo Mura e Giovanni Antonio Meloni) affittarono il giornale al commendatore Sebastiano Pani, titolare dell’azienda di trasporti che garantiva una rete capillare di collegamenti con pullman che toccavano i maggiori centri dell’isola. Il giornale rimpolpò la redazione con un ingaggio di lusso per i tempi: Manlio Brigaglia. Era il 1° gennaio del 1950.
Aldo Brigaglia cominciò invece la sua collaborazione nel 1955 curando soprattutto le cronache del Cagliari e, per il basket, dell’Esperia e dell’Olimpia Brill a partire dal 1957. Ma il giornalista di casa Brigaglia aveva altri obiettivi. Dopo la laurea va a Milano e lavora in pubblicità con Rodolfo Mura, diventato nel frattempo titolare di un’importante agenzia di marketing.
A queste notizie vorrei ora aggiungere quelle per me inedite che riguardano la nascita della Gazzetta del Giovedì in cui i fratelli Manlio e Aldo Brigaglia lavorarono insieme.
Gibi Puggioni
ALDO BRIGAGLIA,
LA GAZZETTA SARDA DEL GIOVEDI’
Nel 1967, sfrattata da patron Rovelli dalla tipografia della Nuova Sardegna, la “Gazzetta Sarda” cessò le pubblicazioni del lunedì.
Manlio non volle arrendersi e convinse il commendator Pani a tentare un esperimento: trasformare il giornale in un settimanale d’opinione. Formato lenzuolo come l’Espresso di quegli anni, un solo articolo per pagina col giusto equilibrio tra testo e immagini, uscita il giovedì.
L’unica tipografia disponibile si rivelò la Fossataro di Cagliari. E io, che già dal 1955 avevo iniziato a collaborare alla Gazzetta e che da tempo vivevo nel capoluogo, fui incaricato di curarne l’edizione.
Manlio scriveva la maggior parte dei pezzi (di politica e di costume) e me li mandava già provvisti di titolo, occhiello e sommario, spesso anche di foto e di menabò. Viaggiavano in buste fuori sacco col pullman granturismo di Pani, che allora faceva due-tre al giorno la Sassari-Cagliari (e viceversa).
Io li ritiravo nel terminal di piazza Darsena e li portavo in tipografia per la composizione. La tipografia Fossataro non era ancora quella bella e moderna di viale Elmas che poi sarebbe stata acquistata da Salvatore Fozzi. Era situata in un vicolo chiuso di via XX
settembre, in un sottano buio e maleodorante dentro cui si scendeva come in una catacomba.
I tipografi erano in gran parte quelli (Nenne Pilloni, Salvo Loddo, Paolo Murtas, Franco Melis…) che poi avrebbero lasciato Fossataro per andare a lavorare a Tutto Quotidiano, allettati da una paga superiore e dal fascino della nuova tecnologia: l’offset. Esodo che
Fossataro visse come un vero affronto: “un abigeato”, lo definiva, con un malcelato disprezzo per gli operai più che per chi glieli aveva sottratti.
Io scrivevo una o due pagine “cagliaritane”. Ne ricordo in particolare una dedicata a un resort turistico di recente apertura a Portoscuso, che andai appositamente a visitare, e una con l’intervista a Puricelli, neoallenatore del Cagliari: lo incontrai nella hall dell’hotel Mediterraneo di cui era proprietario Rocca, lo stesso padrone della squadra rossoblù. Il martedì correggevo le bozze, impaginavo, accorciavo o allungavo titoli (ma era difficile
che, nei suoi, Manlio sbagliasse le misure), presiedevo a tutto. Il mercoledì mattina si stampava e le copie partivano col pullman Pani delle 14 per Sassari, che era la principale (se non l’unica) piazza di distribuzione.
Ne uscirono, tra giugno e luglio 1967, soltanto quattro o cinque numeri. L’esperienza finì non so per quali motivi, immagino per scarsità di vendite e per disaffezione di Pani, più che
di Manlio (o forse anche sua). Per quei pochi numeri Manlio mi fece riconoscere un compenso come non ne avevo mai avuti: e con quei soldi, in agosto, partii per una lunga vacanza in Francia con la mia Mini minor.