Il Prof. Giovanni Sotgiu: “Long Covid, un nuovo insidioso nemico. La sanità deve puntare sull’aggiornamento professionale del personale e la creazione di team Multispecialistici”
La pandemia Covid 19 è un ricordo tragico. Ha provocato milioni di
vittime e messo in ginocchio il sistema sanitario mondiale. Nei
laboratori di ricerca si lavora alla creazione di un vaccino testato
dagli organismi mondiali più accreditati in grado di superare la
diffidenza con cui è stato accolto, anche in Italia. Sono però rimaste
diverse tipologie di pazienti che hanno attraversato l’inferno della
pandemia. Molti sono guariti e la malattia è solo un brutto ricordo,
altri invece, che pure si sono salvati, combattono con strascichi
pesanti. A distanza di mesi dalla guarigione devono affrontare, spesso
da soli, senza strutture sanitarie di riferimento, un nuovo insidioso
nemico: la sindrome Long Covid. Ne abbiamo parlato con il professor
Giovanni Sotgiu, 50 anni, sassarese, Preside della Facoltà di Medicina
dell’Università e Ordinario di Statistica Medica.
D. Come possiamo definire la sindrome Long Covid?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita “una sindrome
clinica che compare, una volta superata la fase acuta della malattia, in
una definita percentuale di pazienti (10-20%)”. La definizione
sottolinea che sintomi continuano o compaiono a tre mesi dall’infezione,
durano almeno due mesi e non possono essere spiegati da una diagnosi
alternativa. E’ difficile diagnosticarla perché spesso rappresentata da
un insieme di sintomi e segni che interessano diversi organi e apparati.
Secondo statistiche scientifiche sono circa 150 milioni le persone
colpite da Long Covid nei primi due anni della pandemia.
D. Quali sono i sintomi?
Cominciamo da quanti sono: oltre 200. Per una migliore comprensione i
più frequenti li accorperei in gruppi: Neurologici, che si manifestano
come una nebbia cerebrale, stato confusionale, insonnia o disturbi del
sonno, problemi di memoria, disturbi cognitivi; Psichiatrici: sindrome
da stress post traumatico, depressione, ansia; Cardiologici:
palpitazioni cardiache, alterazioni della frequenza cardiaca, dolore o
senso di costrizione toracico; respiratori: tosse persistente,
difficoltà respiratoria; Sistemici: dolori muscolari, fatica, astenia,
cioè stanchezza cronica già dal risveglio che rende impossibile al
paziente anche le attività lavorative.
D. Ci sono anche ricadute sul sistema lavorativo ed economico?
La durata della sindrome Long Covid, dopo la fase acuta, può persistere
anche dopo un anno. E’ un problema di sanità pubblica, con un impatto
sul sistema lavorativo ed economico. Negli Usa 4.5 milioni lavoratori
con Long Covid hanno dovuto lasciare il lavoro secondo la Reuters. Da
noi i numeri ufficiali non ci sono ma possiamo avere un’idea degli
effetti che il Long Covid ha avuto e ha sulle imprese e i pazienti
impossibilitati al ritorno lavorativo.
D. Insomma, un cocktail di sintomi che rende estremamente difficile
l’identificazione dell’origine e richiede una valutazione profonda del
paziente e conoscenza scientifica da parte dei medici.
Questa è una verità. L’aggiornamento sull’argomento è stato parziale, al
pari di quanto successo con l’inizio della pandemia Covid 19. Ora
abbiamo a che fare con il Long Covid, e abbiamo il dovere professionale
di conoscerlo in modo approfondito. Il paziente va indagato, ascoltando
il suo racconto sui sintomi di cui soffre, quelli che maggiormente lo
affliggono, compresi quelli riguardanti la sfera sociale, che lo
angosciano, soprattutto perché non riesce a lavorare a causa di alcuni
sintomi che incidono negativamente sulla qualità di vita. Per fare
questo però è necessario mettere in campo un team multispecialistico
come previsto dalle linee guida dell’Istituto Superiore della Sanità.
D. Professor Sotgiu, la sindrome Long Covid sarebbe tra le cause più
frequenti dell’aumento dei suicidi nella nostra città. Conosco giovani
che si sono suicidati. Sportivi, qualcuno con una famiglia e un lavoro
sicuro, apparentemente senza problemi che in realtà hanno subìto
contraccolpi durissimi dal Long Covid sul sistema muscolare, mentale e
cardiologico. Un “mal di vivere” insopportabile. Non abbiamo dati ma
anche nella nostra città i suicidi sono cresciuti in modo allarmante. E’
un fenomeno che va arginato, ma come?
L’esperienza ci insegna che gli eventi epidemici si sono sempre
associati ad un incremento dei suicidi. Restiamo sul Long Covid: è
accertato che può aumentare del 46 per cento l’ideazione suicidaria.
Anche in questo caso è un insieme di fattori che determinano l’evento:
durante la pandemia Covid 19 la paura di contrarre il male era
elevatissima. Ma cause scatenanti sono state anche il distanziamento
sociale, la solitudine, la depressione e, per chi aveva un’attività
privata, il timore di perdere tutto. Il virus poi ha provocato in molte
persone infiammazioni cerebrali, una condizione favorevole per
l’insorgenza di tendenze suicidiarie. Siamo quindi di fronte ad un
problema di sanità pubblica che ha un impatto rilevante anche sul
sistema economico e che va affrontato adeguando il sistema sanitario e
creando adeguate opportunità di aggiornamento professionale per tutti i
professionisti sanitari. Sono indicazioni previste dalle linee guida
elaborate dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità. Come attuarle
dovranno deciderlo le Regioni.
Gibi Puggioni
One Reply to “Il Prof. Giovanni Sotgiu: “Long Covid, un nuovo insidioso nemico. La sanità deve puntare sull’aggiornamento professionale del personale e la creazione di team Multispecialistici””
Da oltre un anno Mio figlio combatte in una condizione psico- fisica che va peggiorando. Nonostante le numerose visite e analisi non risulta nulla di clinico. Nessuno gli crede più. Come possiamo aiutarlo ? A chi possiamo rivolgerci?